Per raccogliere in un blog le impressioni, i pensieri,
gli smarrimenti nati vivendo in questo enorme paese.


Friday, June 20, 2008

Perché non amo Los Angeles

Molte persone, sapendo che abito "vicino a Los Angeles" (in realtà abito esattamente a 197 miglia a nord di Los Angeles, il che non è dunque vicino vicino... anyhow), mi dicono "chissà che bella Los Angeles!". Invece.... sorry guys, ma Los Angeles è una delle città che meno preferisco e vi spiego il perché:

L.A. non è solo Hollywood, Rodeo Drive e Malibù, grattacieli e ville grandiose, dal lusso sfacciato e con più cliniche di chirurgia plastica che supermercati. Io fino ad ora ho visto una L.A. diversa: sciatta, sporca e scolorita. Certo, direte voi, tutte le grandi città sono sporche, sciatte e scolorite, basta guardare la periferia di Roma o Milano e ci ritroveremo ad usare le stesse parole. Il problema è che è downtown L.A. ad essere così, non solo la periferia. Un giorno sono andata all'Ufficio Immigrazione per sbrigare le ultime pratiche per la carta verde. L'Ufficio Immigrazione è un palazzone immenso ed altissimo, tipo quello bianco all'Eur (Roma) per intenderci, e si trova vicino al Civic Center e alla Union Station (la stazione centrale di L.A.), quindi è proprio nel cuore della città. Una volta uscita da lì, dato che avevo il treno che mi partiva dopo 3 ore, per ammazzare il tempo mi sono fatta un giro nel circondario: Olvera St, Alameda St, Main St.

La lingua che si sente prevalentemente parlare in questa zona non è l'inglese, ma lo spagnolo e il cinese, poiché la Union Station è vicinissima al Pueblo de Los Angeles, il nucleo originario di L.A. (infatti il nome originario di Los Angeles era El Pueblo de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles) e durante il giorno una grande quantità di messicani si raccoglie intorno alla Plaza e al mercato di Olvera St. Ma girato l'angolo ecco il quartiere cinese, con le insegne tutte in ideogrammi, ed una miriade di occhi a mandorla. Qua e là si vedono barboni dalle facce grigie, barbe lunghe e pelle di cuoio, sbattuti sul marciapiede, con sacchi di plastica come unico possesso. Il contrasto visivo è completato da un miscuglio di odori e suoni, estranei all'immagine patinata e cinematografica di Los Angeles: il fritto delle patatine del più vicino McDonald's si mischia a quello del cumino del chili messicano e delle spezie orientali, mentre tutto intorno senti la gente parlare in lingue che sono tutto fuorché inglese... una sensazione stranissima che nel mio caso si è trasformata ben presto in agorafobia, tant'è che mi sono detta, "ok, mi rifugio nella stazione centrale, almeno mi faccio un giro per i negozi". Macché! La stazione ha la struttura di una chiesa spagnola, con navata unica e rivestimenti interni in legno scuro che la rendono un antro oscuro. Quei 4 negozi che ci sono vendono tutti giornali e donuts stantii, di biglietteria ce n'è solo una, in realtà un bancone nascosto in un angolo, mentre le sedie della zona d'attesa (non è neanche una sala d'attesa, dato che è tutto un ambiente) hanno gli schienali alti in legno come in un refettorio francescano e le imbottiture in pelle marrone che emanano uno strano odore di sudaticcio (capirai, io che sono un poco schizzinosa ci ho passato un paio di salviettine umide prima di sedermi...).
Sarà una cosa particolare e caratteristica, sì, ma qui stiamo parlando della stazione centrale di Los Angeles metropoli americana, non di quella di Huatulco, ragazzi! Bottom line, a me il centro di L.A. non ha impressionato, anzi ne sono rimasta pure un po' delusa, perché non era quello che mi immaginavo.

In un'altra occasione, dovendomi recare al consolato italiano a Los Angeles per rinnovare il passaporto, ho visto un'ulteriore faccia di Los Angeles. Premetto che il consolato è situato sul Wilshire Blvd, vicino alla Santa Monica Freeway, nella zona ovest di L.A., quindi non a casa di Dio, ma in una zona piuttosto centrale. Il consolato è all'interno di un bellissimo edificio tutto specchi, tanto di cappello, eppure facendo un giro in macchina per le strade adiacenti il Wilshire Blvd, si vedono casette ed edifici che sembrano fermi nel tempo, agli anni 50-60. Negozi anonimi dalle facciate scolorite, con insegne vecchie almeno 40 anni, vetrine con manichini vestiti alla moda nero-e-fuxia tipo anni 80 o pieni di lustrini. Per mio marito nato e cresciuto nella zona di Santa Monica e Venice Beach, questa zona è piena di ricordi. Per me che sono invece cresciuta guardando Beverly Hills 90210 e Melrose Place, vedere questa Los Angeles, è un po' deludente. Vorrà dire che la prossima volta che andiamo a L.A. ci faremo un giro anche per Beverly Hills, Rodeo Drive e Hollywood, così mi rincuoro e posso finalmente dire di aver visto anche la L.A. che tutti conoscono!

1 comment:

kikkia said...

Ciao Lily, sono Chiara, ho letto ciò che hai scritto...sono capitata nel tuo blog per caso mentre cercavo info su Los Angeles...sai il mio sogno sin da bambina è di vivere in America...però adesso che sto facendo un pò di ricerche a riguardo mi rendo conto che è più difficile di quanto pensassi...non è tipo zaino in spalla e avventura...mi piacerebbe confrontarmi con te...le tue esperienze per farmi meglio un'idea su come potermi organizzare...grazie e spero di ricevere presto tue notizie...
Ciao Chiara