Per raccogliere in un blog le impressioni, i pensieri,
gli smarrimenti nati vivendo in questo enorme paese.


Sunday, June 22, 2008

Pepperoni

Per anni, guardando i telefilm americani in tv (doppiati in italiano, preciso, perché è un dettaglio importante), ho sentito "pizza con peperoni" di qua, "pizza con peperoni" di là. I personaggi ordinavano puntualmente sempre la stessa pizza.
Quando sono venuta qui negli States per la prima volta e sono andata a mangiare una pizza con Rick, ho scoperto che la "pepperoni pizza" non è affatto la pizza con i peperoni pronunciata male dagli americani, ma la pizza con una specie di salame piccante tagliato a fettine sottili, che ho assaggiato per curiosità e che non è malaccio, perché sa si salame, ma ha un retrogusto che non è proprio salame! Vai a capire che cavolo è questo diavolo di pepperoni!

Quindi non so come mai in Italia traducano la pepperoni pizza con "pizza ai peperoni".... forse per assonanza? mah...

E poi perché la chiamano pepperoni invece di dire invece "salami" che, pur grammaticalmente incorretto, è il termine più logico? Forse per via del pepe che è contenuto nei pepperoni? Non saprei....

Tv junkie

Temo di essere una tv junkie. Mi guardo un sacco di programmi spazzatura in tv, programmi senza spessore, stupidissimi, lo faccio un po’ per curiosità un po’ per noia, anche se i primi periodi che ero qui negli States lo facevo per vedere come parlava la gente e per prendere confidenza con la lingua parlata, lo slang, al quale non ero abituata. Infatti all’inizio parlavo un inglese libresco, perché era quello che avevo imparato a scuola e all’università, tant’è che le prime volte che entravo in un negozio, quando mi chiedevano “hi, how are you today?”, che corrisponde ad un generico “salve come va?”, io rispondevo compitamente e con accento un po’ British: “very well thank you”. Ora invece sono più scafata e rispondo come Joey Tribiani di Friends: “fine thanks, how’re ya doin’?
Tornando al dunque, sì mi guardo un sacco di programmi di cui potrei fare anche a meno, soprattutto i reality come:
The Bachelor”, “The Bachelorette” in cui lo scapolone o la zitella di turno devono scegliere tra una rosa di 20 aspiranti la persona da sposare (poi però non si sposano mai perché scoprono, fuori dalle telecamere, di non essere fatti l’uno per l’altra)
Blind Date” in cui per un giorno un ragazzo o una ragazza escono contemporaneamente con 3 aspiranti del sesso opposto e a fine serata scelgono chi dei/delle 3 fa per lui/lei.
Super Nanny” con quella tata inglese che mette in riga anche i bambini più indemoniati e devo dire che ogni volta che mi guardo Supernanny il mio istinto materno va sottozero e ringrazio il cielo di non avere figli.
Clean Sweep”, in cui una squadra di 5 persone bussa alla porta di una famiglia americana la cui casa è un vero porcile (porcile è davvero un complimento) e gliela pulisce in un week-end buttando via il 99% della roba che accumulavano come ratti. Il risultato è strabiliante, ma scommetto che nell’arco di qualche mese quella casa ritornerà com’era prima, perché chi è uno zozzone disordinato di natura rimane tale finché campa!
The Osbournes”: ovvero il reality sulla vita quotidiana di Ozzy Osbourne. Mettono addirittura i sottotitoli perché non si capisce un tubo come parla Ozzy che però, come si dice a Roma, te fa tajà!
Gene Simmons Family Jewels”: reality sulla vita quotidiana del cantante dei mitici Kiss. Ragazzi, in quella casa comanda la moglie! Lui è grande e grosso, ma ha la personalità dell’orso Balù.
The Amazing Race”: il mio preferito in assoluto, non me ne perdo una puntata da quando è inziato. Si tratta di una gara ad eliminazione in cui le coppie di concorrenti fanno letteralmente il giro dei 5 continenti eseguendo in ogni paese una serie di imprese fisiche più o meno estenuanti. L’ultima coppia di ogni tappa viene eliminata. Spesso quando guardiamo questo programma, dico a Rick: “se partecipassimo pure noi a questo gioco divorzieremo alla prima tappa, perché io farei così e tu l’opposto e litigheremmo dall’alba al tramonto”.
Survivor”: una specie di “Isola dei Famosi”, ma con prove più difficili e giochi di squadra più aggressivi.
Infine, “Dancing With the Stars”: in cui 12 personaggi famosi vengono appaiati con dei ballerini professionisti ed ogni settimana devono preparare un ballo diverso (dal walzer al samba, dal fox trot al cha cha). Anche qui ogni settimana c’è un’eliminazione. Quest'anno ha vinto la pattinatrice sul ghiaccio Kristy Yamaguchi, ma tra gli altri campioni eccellenti figurano l'olimpionico di short track Apolo Anton Ohno, il pilota di Indy Racing Helio Castroneves e il giocatore di football americano Emmitt Smith che ballava con la leggerezza di Fred Astaire nonostante la stazza, tant'è che lo chiamavano "twinkletoes" (più o meno "piedi di fata"!)

Saturday, June 21, 2008

Habemus cookies!

Terza puntata dei miei disastri culinari.
Ci avevo quasi rinunciato, non ne volevo più sapere di rifare 'sti benedetti chocolate chip cookies del cavolo, ma mi ha convinto la mia amica Bruna dopo che, disperata, le avevo raccontato dei miei disastri. Mi ha dato gentilmente la sua ricetta dicendomi che se la seguivo passo passo questa volta non potevo sbagliare. La riporto qui perché seguendola come consigliatomi, finalmente mi sono venuti fuori dei choco chip cookies da sballo (pure il marito li ha mangiati, ho detto tutto!). E dunque, habemus cookies!
chocolate chips cookies (2 1/2 dozen)

1 cup butter-flavored shortening
3/4 cup sugar
1 cup brown sugar
2 1/4 cups cake flour
1 teaspoon kosher salt
1 1/2 teaspoon baking powder
2 eggs
1 1/2 teaspoons vanilla extract
2 cups semisweet chocolate chips

Heat oven 375 degrees F. Combine the shortening, sugar, and brown sugar in the mixer's work bowl, and cream until light and fluffy.
In the meantime, sift (non fare la pigra, e' importante!) together the cake flour, salt, and baking powder and set aside.
Add the eggs one at a time to the creamed mixture. Then add vanilla. Increase the speed until thoroughly incorporated.
With the mixer set low, slowly add the dry ingredients to the shortening and combine well. Stir in the chocolate chips. Chill the dough. Scoop onto parchment-lined baking sheets, 6 per sheet. Bake for 13 min or until golden borwn and puffy, checking the cookies after 5 min. Rotate the baking sheet for even browning. Cool and store (se ne avanzano!) in an airtight-container.
Voglio ringraziare quella santa di Bruna (ottima massaia) che è stata tanto gentile da passarmi questa ricetta vincente!

Disastro culinario 2

Ok, ci ho riprovato. Ho scoperto dove ho sbagliato: avevo appoggiato la placca sulla stufa mentre mettevo i mucchietti di pasta ed il calore del forno che si stava scaldando è stato la causa della liquefazione prematura del burro nella pasta. La placca deve essere fredda!
Ho dunque rimosso dalla mia mente il mio primo disastro culinario e mi sono detta: "mo' ci riprovo, non posso sbagliare ora". Ristampo le ricette da internet (quelle che avevo usato nel primo tentativo le avevo appallottolate e buttate con rabbia nel secchio insieme ai chocolate chip squares). Preparo tutti gli ingredienti e metto tutto a lavorare nel robot. Ripreparo la piastra che appoggio LONTANA dal forno e rifaccio i mini mucchietti di pasta per preparare i mini chocolate cookies. Si riparteeee! Metto il tutto per 12 minuti in forno.
Sorrido al mio cane che mi sorride a sua volta (crede che gli stia preparando i suoi biscottini integrali, oppure mi sta incoraggiando e spera che la mia ricetta abbia successo) e giochiamo un po' in attesa dei buonissimi e fragranti chocolate chip cookies.
(12 minuti dopo)
Apro il forno e cosa ti vedo? di nuovo una massa informe di pasta con in mezzo dei pezzetti di cioccolata! Urlo come la strega cattiva del mago di Oz, mentre il cane scappa via dalla cucina a orecchie basse (perché mommy è di nuovo di pessimo umore). Risparmio il seguito della vicenda, perché quando sono nervosa comincio a sbatacchiare gli oggetti e mi si deve lasciare stare... Dico solo che la massa informe (che ho tagliato di nuovo in quadratini, chissà perché dato che sono rimasti intoccati una seconda volta) ha assunto poi la consistenza del torrone, ossia dura quanto il marmo. E qui stendiamo un velo pietoso....
Dove ho sbagliato di nuovo? A detta delle mie colleghe non dovevo fare dei mucchietti piccoli, ma grandi come delle palle da golf, così durante la cottura, pur sciogliendosi e appiattendosi, mantengono la forma e lo spessore del tipico chocolate chip cookie. E' essenziale anche cuocerli massimo 10 minuti e distanziarli bene altrimenti se sono troppo vicini, i mucchietti si uniscono per formare la massa informe.
Elementare Watson! Ma non potevano dirmelo prima?!?!?!

Disastri culinari 1

Riporto qui un "aneddoto di vita casalinga" che avevo scritto l'anno scorso su un altro blog (sto migrando tutto su Blogspot e lo volevo conservare):
Da quando ho la stufa nuova mi diletto a cucinare e a provare nuove ricette. Il mio cavallo di battaglia è la pasta, che preparo in vari modi e mi riesce sempre buona. Tutti si leccano i baffi per le mie lasagne alla bolognese, preparate come le faceva la mia mamma (ossia col ragù e la besciamella). In ufficio ogni tanto organizzo pure dei "bruschetta party" con le mie colleghe (gli americani dagli che la chiamano "brusceda", e vabbè ), con tanto di tiramisù finale.
Però una cosa che mi piace da morire sono i chocolate chip cookies, penso che siano una delle cose più deliziose che si possano mangiare negli Stati Uniti. Quindi dato che come dicevo ho la stufa nuova, un giorno ho pensato bene di prepararli in casa, fragranti, senza conservanti, uno scherzo da preparare, lo dicono tutti!
Vado su Foodtv.com e anche sul sito della Hershey's (istituzione cioccolatiera americana), mi stampo un paio di ricette di semplici chocolate chip cookies senza tanti fronzoli, sto attenta alle dosi (anche se ho ancora difficoltà a capire e a convertire le unità di misura americane, abituata a quelle europee), metto tutto nel mio fido robot da cucina, poi separo la pasta in piccoli mucchietti che metto sulla piastra da biscotti (così faccio dei mini chocolate chip cookies, dico tra me e me) ed inforno per 10 minuti. Allo scoccare dei 10 minuti apro il forno e vedo.....non chocolate chip cookies dorati e deliziosi, ma uno strato informe e sottile di pasta, con in mezzo dei pezzetti di cioccolata, che non somiglia neanche vagamente a chocolate chip cookies.... E via ad una serie di urla e vituperi, mentre il cane fugge dalla cucina (perché mommy non è proprio di buon umore in questo momento).... Sbatto la piastra sul bancone ed osservo incavolatissima il disastro... Assaggio un pezzetto del disastro, borbottando ancora improperi. In fondo non è male penso, dopotutto è uno strato di chocolate chip....ma porca miseria, in che cosa ho sbagliato????!Frustatissima ritaglio dei quadratini di materia informe con la spatola.... Li rifilo a Rick, la mia paziente cavia, che ne assaggia uno e mi dice incoraggiante "not bad", ma secondo me mente perché per giorni i chocolate chip squares rimangono a languire sul bancone intoccati, e alla fine prendono la via del secchio..... Mi riprometto che ci riproverò...

Heat wave

Oggi è il quarto giorno di heat wave. Da giovedì abbiamo temperature record come non se ne vedevano da decenni. Abbiamo sfiorato i 45C (ossia 110F) per ben 4 giorni, mentre nel Midwest stanno ammollo dato che il Mississippi è esondato in vari punti ed in Oregon alcuni giorni fa ha fatto la neve. Mah...
In ufficio abbiamo l'aria condizionata a palla...65F e sembriamo delle orchidee da serra, ma una volta messo il naso fuori, che il Signore ce ne scampi...
A casa invece non abbiamo l'aria condizionata, abbiamo un vecchio ventilatore che ogni volta che lo accendo mi fa venire da starnutire (sono allergica alla polvere e chissà a che altra cavolata), per cui preferisco non usarlo. Quindi ce ne stiamo sbracati sul letto boccheggianti nebulizzandoci con dell'acqua fredda e lamentandoci come se stessimo aspettando la fine del mondo...
Pure il cane, poveretto, è mezzo collassato, figuriamoci c'ha più pelo lui che l'abominevole uomo delle nevi! Ogni tanto spruzzo pure lui con il mio spray casalingo.
Al limite della sopportazione stasera ho preso un telo da mare e mi sono sbracata sul francobollo di erba che abbiamo davanti casa, il sole stava calando, c'era un po' di frescura e si poteva respirare un pochino. Me ne sono stata lì a panza all'aria per una decina di minuti in posizione savasana (posizione yoga detta del cadavere) e devo dire che non ho mai mantenuto questa posizione così bene come oggi, forse perché sembravo veramente mezza morta... Solo che alla fine me ne sono dovuta tornare in quella fornace di casa perché le zanzare mi stavano assalendo.
Sigh... voglio andare in Oregon... NOW!

Altre comodità

Food saver bags: sono delle buste di plastica, tipo le Ziploc, ma sono fatte apposta per la frutta e la verdura e ti conservano i prodotti freschi per un luuungo periodo. Ho fatto la prova con le fragole, che si sa dopo 2 giorni in frigo diventano scure e raggrinzite. Dopo 5 giorni erano belle e perfette come il giorno che le ho comprate.

Garbage disposal: ovvero il tritatutto nel lavandino della cucina. Prima mi metteva l’ansia da film horror (mano intrappolata nello scarico del lavandino e trinciata e altre cosine allegre di questo tipo), poi ci ho cominciato a buttare dentro un po’ di roba per vedere se funzionava, ora praticamente ci manca poco che non ci butti pure le confezioni di cartone della pizza!

DVR, ovvero il digital video recorder: sembra un video registratore, ma non hai bisogno delle videocassette per registrare i tuoi programmi preferiti, viene tutto memorizzato nella scatola. Ma la cosa più carina è se mentre stai guardando un programma ti suonano alla porta o squilla il telefono, premi pause sul telecomando e ti registra tutto in diretta e poi puoi continuare a guardare il programma da dove lo avevi lasciato, oppure puoi tornare indietro, saltare la pubblicità, eccetera. Puoi anche guardare o registrare 2 programmi contemporaneamente. Una vera figata per noi che siamo tv junkies!


Comodità americane

Da quando mi sono trasferita qui negli States ho scoperto alcune comodità a cui non ero abituata a casa in Italia. In primis la lavastoviglie della quale ora non posso fare a meno dato che odio lavare i piatti, e poi l’asciugatrice che mi evita di stirare (basta tirare i panni ancora caldi e metterli su una stampella o ripiegarli ed il gioco è fatto). Oltre a questi 2 elettrodomestici che mi rendono più facile la vita casalinga, qui in America ho scoperto altre piccole comodità:

- I
l self check-out al supermercato. Invece di fare la fila alla cassa normale alcuni supermercati hanno la cassa in cui tu vai, ti scannerizzi i prodotti da sola, te li imbusti, paghi, ritiri la ricevuta e via! Se poi hai qualche problema, una luce rossa sopra lo schermo comincia a lampeggiare ed in qualche secondo arriva un’addetta e ti sblocca. Ain’t it neat?

- Se invece si vuole fare la fila alla cassa normale, ci pensa la cassiera a scannerizzare i prodotti, ma invece di imbustare tu la spesa, arriva il “bag boy” o la “bag girl” di turno e ti sistema per bene la tua roba, arrangiandola per categoria (i surgelati in una busta, le uova a parte in un’altra busta, le verdure in un’altra e così via). La prima volta che sono andata a fare la spesa in un supermercato americano e ho cominciato ad imbustarmi la roba da sola, la cassiera mi ha guardata strana e mi ha pure detto “non c’è bisogno che lo faccia signora, ora arriva l’addetto”. Mi sono sentita pure in imbarazzo ed in colpa, come se stessi fregando il lavoro al povero teenager... Da allora lascio fare tutto a loro. E una volta imbustato tutto ti chiedono pure “do you need help out?” (“vuole che l’aiuti a portare le buste fino alla macchina”?). “No, thanks” cinguetto sbrigandomi ad andarmene, sempre un po’ a disagio. Vivo ancora con l’abitudine italiana di imbustare la spesa da sola e di sgomberare il campo in tempo record prima che il cliente dopo di me mi spinga da parte senza tanti riguardi, quindi tutta questa disponibilità ancora mi imbarazza.

- Il drive-thru. Tutti conoscono come funzionano i drive-thru dei fast food: vai con la tua bella macchinetta, ordini dal menu urlando e scandendo bene le parole nel microfono come se stessi parlando ad un deficiente, vai un po’ più in là, paghi e dopo un paio di minuti ritiri il sacchetto da un’altra finestra. Immaginate lo stesso concetto applicato alle farmacie o alle banche. Se per esempio devi fare un deposito in banca, tu vai sempre con la tua macchinetta nello spazio drive-thru, ti avvicini ad un coso che sembra un tubo dell’aspirapolvere piuttosto grosso, provvisto di bussolotto dove ci metti il tuo malloppo, metti il bussolotto nel tubo e SWISHHH!, ti viene aspirato in questo tubo dall’addetta della banca che sta lì, in un gabbiotto situato poco distante, che fa solo per quello e che ti saluta attraverso il microfono. Tu aspetti nel comfort della tua macchina, senza neanche alzare un centimetro del tuo fat ass e dopo qualche secondo il bussolotto ti ritorna indietro non più con i soldi (of course!), ma con la tua ricevuta e con un “thank you, have a good day” gracchiato dalla signorina attraverso il microfono. Una volta che siamo andati al drive thru della banca avevamo con noi pure il cane e cosa abbiamo trovato nel bussolotto oltre alla ricevuta? Un biscottino per il cane! Non mi sono ripresa dallo shock per qualche giorno...

Friday, June 20, 2008

Perché non amo Los Angeles

Molte persone, sapendo che abito "vicino a Los Angeles" (in realtà abito esattamente a 197 miglia a nord di Los Angeles, il che non è dunque vicino vicino... anyhow), mi dicono "chissà che bella Los Angeles!". Invece.... sorry guys, ma Los Angeles è una delle città che meno preferisco e vi spiego il perché:

L.A. non è solo Hollywood, Rodeo Drive e Malibù, grattacieli e ville grandiose, dal lusso sfacciato e con più cliniche di chirurgia plastica che supermercati. Io fino ad ora ho visto una L.A. diversa: sciatta, sporca e scolorita. Certo, direte voi, tutte le grandi città sono sporche, sciatte e scolorite, basta guardare la periferia di Roma o Milano e ci ritroveremo ad usare le stesse parole. Il problema è che è downtown L.A. ad essere così, non solo la periferia. Un giorno sono andata all'Ufficio Immigrazione per sbrigare le ultime pratiche per la carta verde. L'Ufficio Immigrazione è un palazzone immenso ed altissimo, tipo quello bianco all'Eur (Roma) per intenderci, e si trova vicino al Civic Center e alla Union Station (la stazione centrale di L.A.), quindi è proprio nel cuore della città. Una volta uscita da lì, dato che avevo il treno che mi partiva dopo 3 ore, per ammazzare il tempo mi sono fatta un giro nel circondario: Olvera St, Alameda St, Main St.

La lingua che si sente prevalentemente parlare in questa zona non è l'inglese, ma lo spagnolo e il cinese, poiché la Union Station è vicinissima al Pueblo de Los Angeles, il nucleo originario di L.A. (infatti il nome originario di Los Angeles era El Pueblo de Nuestra Señora la Reina de los Ángeles) e durante il giorno una grande quantità di messicani si raccoglie intorno alla Plaza e al mercato di Olvera St. Ma girato l'angolo ecco il quartiere cinese, con le insegne tutte in ideogrammi, ed una miriade di occhi a mandorla. Qua e là si vedono barboni dalle facce grigie, barbe lunghe e pelle di cuoio, sbattuti sul marciapiede, con sacchi di plastica come unico possesso. Il contrasto visivo è completato da un miscuglio di odori e suoni, estranei all'immagine patinata e cinematografica di Los Angeles: il fritto delle patatine del più vicino McDonald's si mischia a quello del cumino del chili messicano e delle spezie orientali, mentre tutto intorno senti la gente parlare in lingue che sono tutto fuorché inglese... una sensazione stranissima che nel mio caso si è trasformata ben presto in agorafobia, tant'è che mi sono detta, "ok, mi rifugio nella stazione centrale, almeno mi faccio un giro per i negozi". Macché! La stazione ha la struttura di una chiesa spagnola, con navata unica e rivestimenti interni in legno scuro che la rendono un antro oscuro. Quei 4 negozi che ci sono vendono tutti giornali e donuts stantii, di biglietteria ce n'è solo una, in realtà un bancone nascosto in un angolo, mentre le sedie della zona d'attesa (non è neanche una sala d'attesa, dato che è tutto un ambiente) hanno gli schienali alti in legno come in un refettorio francescano e le imbottiture in pelle marrone che emanano uno strano odore di sudaticcio (capirai, io che sono un poco schizzinosa ci ho passato un paio di salviettine umide prima di sedermi...).
Sarà una cosa particolare e caratteristica, sì, ma qui stiamo parlando della stazione centrale di Los Angeles metropoli americana, non di quella di Huatulco, ragazzi! Bottom line, a me il centro di L.A. non ha impressionato, anzi ne sono rimasta pure un po' delusa, perché non era quello che mi immaginavo.

In un'altra occasione, dovendomi recare al consolato italiano a Los Angeles per rinnovare il passaporto, ho visto un'ulteriore faccia di Los Angeles. Premetto che il consolato è situato sul Wilshire Blvd, vicino alla Santa Monica Freeway, nella zona ovest di L.A., quindi non a casa di Dio, ma in una zona piuttosto centrale. Il consolato è all'interno di un bellissimo edificio tutto specchi, tanto di cappello, eppure facendo un giro in macchina per le strade adiacenti il Wilshire Blvd, si vedono casette ed edifici che sembrano fermi nel tempo, agli anni 50-60. Negozi anonimi dalle facciate scolorite, con insegne vecchie almeno 40 anni, vetrine con manichini vestiti alla moda nero-e-fuxia tipo anni 80 o pieni di lustrini. Per mio marito nato e cresciuto nella zona di Santa Monica e Venice Beach, questa zona è piena di ricordi. Per me che sono invece cresciuta guardando Beverly Hills 90210 e Melrose Place, vedere questa Los Angeles, è un po' deludente. Vorrà dire che la prossima volta che andiamo a L.A. ci faremo un giro anche per Beverly Hills, Rodeo Drive e Hollywood, così mi rincuoro e posso finalmente dire di aver visto anche la L.A. che tutti conoscono!

The killer thong

Ok, stavo leggendo questa notizia uscita proprio oggi, l'ennesima storia tipicamente americana di una persona che si attacca alle cose più ridicole per fare causa a tutto e tutti per raccattare un po' di soldi ed avere quei 15 minuti di fama.

Questa è la storia: questa tizia, di 52 anni, bella piazzata, l'anno scorso aveva comprato un tanga da Victoria Secret provvisto di cuoricino metallico sul retro, tutto tempestato di brillantini. Un giorno, mentre lo stava indossando, questo cosino metallico ha fatto BUM!, è schioppato e le entrato nell'occhio causandole "danni profoni" all'occhio. Ora ha fatto causa a Victoria Secret. Roba da pazzi, only in America!

Se non ci credete, ecco la video-notizia con i dettagli completi:

http://www.people.com/people/article/0,,20207743,00.html

Ed ora facciamo qualche bella considerazione e commentino acido:

1- La signora ha passato la cinquantina e secondo me invece di portare i tanga dovrebbe portare le mutande di Nonna Belarda (quelle alte, avvolgenti, dalla vita ascellare, che addirittura mia mamma mi appioppava biecamente con la scusa che così la mia pancia non rimaneva scoperta e non mi prendeva un colpo di freddo....ma questa è un'altra storia).

2- E' evidente che la signora non è una silfide, secondo me c'avrà pure un bel culone, ed è noto che Victoria Secret non ha le taglie "orca assassina", ma massimo arrivano fino alla large, almeno per le mutande (ho controllato, ci sono andata pure io da Victoria Secret e c'hanno tutte mutande per sfitinzie secche, e pure io non sono una libellula, c'ho le mie formine "burrose", diciamo).

3- La signora in questione, pur avendo forme generose si è comprata lo stesso il micro-tanga di almeno 3 taglie più piccolo del suo culone, ergo quando si è andata ad infilare il cosino, una volta raggiunti i fianchi abbondanti, il cuoricino ha fatto SCHIOPPETE!

4- Dal video si vede che questo gancetto è sul RETRO del tanga, quindi mi domando: come diavolo ha fatto questo cuoricino di metallo a finirle nell'occhio? Se lo stava indossando a rovescio? E come ha fatto questo cosino ad arrivarle nell'occhio se dal sedere al viso ci sono almeno 50 cm, mentre il pezzettino di tessuto sarà lungo sì e no 15 cm? Secondo me stava facendo le contorsioni per entrare in quel francobollo di tanga!

5- La signora più che un tanga si dovrebbe comprare il push-up bra corazzato di Victoria Secret perché le sue "girls" (come le donne qui in America chiamano le proprie tette) hanno un disperato bisogno di un'alzatina. And next time, stick to comfortable underwear, lady!

6- Questo cosino ha causato ferite profonde alla cornea....ecccccheee è? un proiettile vagante??? Ripeto, qui la traiettoria è più sospetta e complicata dei proiettili sparati a John F. Kennedy!

7- La signora ha aspettato UN ANNO prima di fare causa a Victoria Secret.... hello? doesn't it sound fishy?

8- The lawyer is clearly an idiot, and so the booby bitch!

9- Meredith Viera ha ragione: si sta davvero esagerando. Negli States la gente fa causa per le peggio cavolate: una ragazza obesa ha fatto causa a McDonald's tempo fa perché diceva che ogni volta che passava davanti a McDonald's veniva "tentata" con l'odore di hamburger e lei diceva che era diventata obesa per questo. Un'altra persona ha fatto causa sempre a McDonald's perché le avevano servito un bicchierone di caffè bollente che le era finito addosso ustionandola e lei si è attaccata al fatto che sul bicchierone non avevano scritto "beware, hot beverage". E via dicendo... ma ci rendiamo contoooo? Scommetto che in altre parti del mondo alla signora del micro-tanga avrebbero dato un calcio nel cicciuto deretano se solo si fosse presentata davanti ad uno studio televisivo con una storia del genere.

10- La signora e l'avvocatuccio hanno chiesto la bellezza di $ 25,000.00 in danni. Ma ci rendiamo conto??? E dice che non lo hanno fatto per soldi, ma per proteggere le consumatrici da un prodotto difettoso. A scemooooo, ma a chi la racconti? Si vede lontano un miglio che lo state facendo per soldi.

Solstice moon

June 18 2008
Oggi c'è la luna piena, enorme, bellissima... l'ho contemplata per un po' assieme al mio cane e a mio marito. Al cane non importava nulla della pallida luna, si rotolava sull'erba fresca, il marito più che altro apprezzava la frescura notturna dopo una giornata torrida.
Poi uno ad uno sono rientrati in casa e son rimasta da sola di fronte a questo disco latteo, sentendomi serena e felice.

Domani notte non ci sarà più la luna piena...

Spik Spanisss?

Premessa: qui in California una bella fetta di popolazione è Messicana. Tanto è forte la loro presenza che addirittura nelle scuole gli insegnanti devono parlaree un po' di spagnolo, poiché molti bambini spesso parlano poco o niente l'inglese.

Ora, capisco il bilinguismo, capisco il fatto che molti parlino la loro lingua madre in casa e in famiglia, soprattutto se sono emigrati con l'intera famiglia qui negli Stati Uniti, lo farei pure io se vivessi qui in America con tutta la mia famiglia. Quello che non capisco è perché ovunque vadano, ovunque chiamino, pretendono che TUTTI parlino spagnolo. Non voglio sembrare razzista o discriminatrice, perché anche io sono un'immigrata negli Stati Uniti, un'immigrata come le migliaia di cinesi, filippini e via dicendo, ma quando vado in un negozio o chiamo un servizio al telefono non chiedo: "spik Italian?", su, sforziamoci un po'!

Quando sono in ufficio e mi capita la persona che al telefono mi chiede "spik Spanisss?", pur parlando io discretamente lo spagnolo, rispondo: "no, I'm sorry, only English, how can I help you?". Risposta; "ah, no...". click.
E questo mi fa incazzare un po'.

Ma io dico, non per sembrare la solita polemica: pure io sono una straniera in questo paese, pure per me l'inglese non è la mia lingua madre, non è neanche la mia seconda lingua, dato che il romeno è la mia seconda lingua, eppure ogni santo giorno faccio lo sforzo di farmi capire e di parlare correttemente la lingua di questo paese che mi ha accolto più che degnamente ed in cui la lingua ufficiale, ricordiamocelo, è l'inglese. Mica vado in giro a chiedere "spik Italian?", cribbiooooo! E' come se in Italia, che so i romeni andassero a chiedere ovunque: "scusi, parla romeno?". In Italia gli risponderebbero per le rime, qui negli States invece sono più "politically correct".

E fate lo sforzo di imparare la lingua del paese in cui siete voluti emigrare come fanno migliaia di altre persone. Secondo me è una forma di rispetto verso il paese che ci accoglie. Quando andavo all'Ufficio Immigrazione di Los Angeles una parte del personale addetto parlava spagnolo, ma ne avessi trovato UNO che parlava italiano! E allora non dovrei essere IO quella discriminata perché la gente non mi parla in italiano? No, sono io che sono venuta in questo paese, quindi ne accetto le regole, le leggi ed anche la lingua. Punto e basta!

Quindi la prossima volta che qualcuno mi telefona e mi chiede "spik spaniss?" gli rispondo: "no, Englissss or Italian, how can I help you?", ma tanto non cambia nulla....SO' DE COCCIOOOOO!

Hawaii for dummies

Aloha!

Uno dei miei 200 viaggi nel cassetto è quello di andare alle Hawaii. Qui in agenzia le Hawaii sono una delle destinazioni più gettonate dalla clientela e le mie colleghe ci sono state infinite volte raggiungendo un'esperienza tale che spesso penso che potrebbero vendere un pacchetto vacanze per le Hawaii anche ad un hawaiiano (della serie "vendere un igloo ad un eskimese"!).
Io ancora non avuto la fortuna (né le finanze) di andarci e devo ammettere, sono piuttosto ignorante in materia, nonostante ci metta tutta la buona volontà per apprendere sempre qualcosa di nuovo su queste meravigliose isole. Il mio problema principale è che le parole hawaiiane mi confondono. Mi confondono i suoni e le parole simili tra loro, perché dovete sapere che l'alfabeto hawaiiano è composto soltanto da 13 lettere di cui 5 (quindi più di un terzo) sono vocali ed uno è un suono particolare chiamato "okina" che (usando un termine caro al mitico professore di linguistica Raffaele Simone) è una specie di "colpo di glottide", una brevissima interruzione nella pronuncia di un suono. L'okina è quell'accento che spesso si trova all'interno delle parole hawaiiane ed è talmente importante sia a livello fonetico che semantico, che è considerata come una vera e propria lettera dell'alfabeto. Con questo presupposto, si può facilmente capire dove stia il problema.
Ecco qualche esempio:
WAILUA è una località dell'isola di Kauai, mentre WAILEA è a Maui. WAIMEA è sia a Kauai che nella parte nord-ovest di Big Island, mentre WAIALUA è sull'isola di Oahu, come anche KAILUA e HAU'ULA. KAPALUA è a Maui, KAPA'AU invece è sulla Big Island, mentre KAPAA è a Kauai e KAHALU'U però è a Oahu. E poi c'è KEALAKEKUA, ULUPALAKUA, e via dicendo...

Ora capite perché mi si confondono le idee quando cerco di memorizzare i nomi delle località hawaiiane???

Mi sono pure accattata un libro chiamato "Hawaii for dummies" per cercare di capirci di più in questo meandro di suoni così simili tra loro e imparare l'essenziale su queste isole, ma il giorno dopo sono tristemente "back to square one", quello che avevo letto il giorno prima si è inesorabilmente cancellato dalla mia memoria e mi ritrovo di nuovo alle prese con lo stesso problema di memorizzare le incomprensibili parole hawaiiane...

Mispronunce

Ogni tanto mi ritrovo a battibeccare bonariamente con gli amici americani che storpiano i nomi stranieri.

Ieri stavo guardando come mio solito Food Tv dove puntualmente c'è qualcuno che prepara qualche piatto di ispirazione italiana. Arrivata al formaggio, la cuoca di turno tira fuori una fettazza di parmigiano e dice "and now add some grated Parmejano Rejano" (pronunciando la J alla francese, come in "je suis") e la cosa mi ha fatto un po' sorridere. Alché ho cominciato a pensare a tutte le parole italiane che gli americani storpiano impietosamente ed ecco qui una piccola raccolta:

-BRUSCHETTA: "brusceta" o "brusceda" (con in suono della "sc" come in "scena")
-PINOT GRIGIO: "pino grijo" (pino con l'accento sulla I e la seconda G come una "j" francese come nel caso sopra)
-ESPRESSO: "eXpresso" (niente da fare, è insito nella lingua inglese usare il gruppo "ex-" )
-LATTE: "latté" (ovvero con la e accentata come in "caffè")
-BISCOTTI: "biscodi" (almeno qui l'accendo tonico lo azzeccano, ma la doppia t è pronunciata morbida, quasi come una d in "I'm gotta")
-CAPPUCCINO: "capuchino" (le doppie non le pronunciano)
-FETTUCCINE: "fetuccini"
-GNOCCHI: "gh'noci" (pronunciata con la g velare di "ghiro e "ci" finale come nella parola "cinema"-"chip"). A voglia a dirgli che, la "gn" ha lo stesso suono della parola spagnola "senora-senor" (scusate, la mia tastiera non ha la n con la tilde) e "chi" si pronuncia come "kiss"...
-SALAME: scritto e pronunciato sempre e solo "salami"... mah
-ZUCCHINE: idem, pronunciato sempre "zucchini"

Per non parlare del fatto che chiamano Versace "VERSACCI" e Liberace (un tenore famoso in America, ormai defunto): "Liberacci"....

Ora, siccome mi hanno impietosamente presa in giro quando ho detto "oh, look at the squirrel!" pronunciando "squirrel" con una "i" aperta invece che chiusa come in "squirt", allora alla prima occasione mi sono presa una piccola rivincita:

Un giorno parlavo con un mio amico americano e gli dicevo che non sopporto Silvester Stallone. Ho pronunciato il nome Stallone con la E finale sonora, come in italiano. Mi ha immediatamente ripreso dicendomi:
"No, si dice Stallon" (con l'accento sulla "o" e la e non pronunciata).
Alché io gli ho risposto per le rime:
"Scusa ma Stallone non è di origine italiana?"
E lui:
"Sì, è di origine italiana"
"E allora, scusa tanto, ma in italiano si pronuncia StallonE, punto e basta. E inoltre, Sofia Loren non si pronuncia "Lorén", e nemmeno Versace si pronuncia "VersaccI"come vi ostinate a spronunciare. Se sono nomi italiani, vanno pronunciati così"

Aho'... non ha fiatato....

Cookie galore!




L'altra settimana ho fatto di nuovo i biscottini per il mio adorato cane.
Di solito ne faccio in grandi quantità così mi durano un mesetto ed il cane li sgranocchia durante il giorno.
Sono biscottini integrali totalmente naturali, preparati con:
-Farina integrale
-Farina di granoturco
-Olio vegetale
-Brodo di pollo
-Peanut Butter (quando è disponibile, altrimenti non ce lo metto).

Tony, il mio cane li adora e così anche i cani del vicinato.... hehehe

Qualche cliente di Rick ha pure chiesto, mentre avevo i biscottini che doravano in forno:
"Uhm... cosa è questo buon profumo?" (l'ufficio è proprio attaccato al nostro appartamento)
E Rick:
"Mia moglie sta preparando i biscotti per il cane"
Il cliente dopo essersi fatto una bella risata:
"Lo viziate molto questo cane! Comunque devono essere buoni se hanno questo buon profumo"

...eh già, lo viziamo vergognosamente...

Crostatona


Ok, dopo vari tentativi falliti, ho finalmente azzeccato la preparazione della crostata. Il "trucco", se di trucco si può parlare, è quello di maneggiare la pasta durante l'impasto il MENO possibile e NON usare i palmi delle mani, ma le punte perché sono meno calde e si rischia di meno di "bruciare" la frolla.
La ricetta è quella di Greedyweb che ho trovato su Internet, seguita passo passo e con gli stessi ingredienti.

Risultato..... spettacolare!


By the way, il sotto piatto bianco e blu viene da Deruta (Umbria), è una delle cose a cui tengo di più e l'ho portato con me dall'Italia con grande cura.

Forget the meatballs



L'altra settimana una mia amica americana mi ha telefonato invitandomi ad una cena italiana che lei stava organizzando, in realtà un pot luck in cui ognuno portava o preparava qualcosa. A me ha chiesto di preparare una delle mie salse per la pasta e allora le ho detto che potevo preparare il "ragù". Lei, non conoscendo questa parola, mi ha chiesto cosa era questo ragù e allora le ho detto: "it's a meat sauce!" e allora lei mi fa: "ah you're preparing meatballs then!".... qualche secondo di silenzio da parte mia... e poi (forse con poco tatto) le ho detto: "in Italy we NEVER eat spaghetti with meatballs, it's something you eat in the US thinking it's Italian, but it isn't. I'll be making the REAL stuff, TOOOOTALLY different, so forget the meatballs!".
Poveretta, se ci è rimasta male non lo ha dato a sentire, solo che mi sono stufata di vedere nei film o nei ristoranti pseudo-italiani questi "spaghetti with meatballs" spacciati per specialità italiana.
La mia collega che è italo-americana dice che la nonna (che era italiana) le preparava sempre questi spaghetti with meatballs, ossia il piattone di spaghetti con sopra un paio di cucchiaiate di sugo di pomodoro e sopra ancora 4 polpette della grandezza di palle da biliardo ciascuna... Mah... che io sappia (e chi voglia confutare la cosa, ben venga e me lo dica), in Italia non ho MAI visto mangiare questa cosa e se facessi una cosa del genere me le tirerebbero dietro queste polpette-grandi-quanto-una-palla-da-biliardo!
Ma è possibile, dico io, che si pensi che questo piatto dalla pesantezza di un blocco di cemento e dall'estetica fantozziana venga biecamente spacciato per specialità italiana, cribbiooo?
Tornando alla mia amica, purtroppo non ha potuto assaggiare il mio ragù perché Rick aveva il mal di denti e non ci siamo andati alla serata italiana, ma sarà per la prossima volta.
E guai a chi sento dire che gli spaghetti with meatballs sono italiani, neh?

In Banca

In Italia quando si entra in banca pare di entrare nel Pentagono: lasciate ogni tarallo, moneta o fiorino che avete in tasca o in borsa! Dove? Nei minuscolissimi armadietti grandi quanto una scatola di fiammiferi, buoni solo per deporre quei 4 soldi che abbiamo nei punti più remoti delle tasche, ma non grandi abbastanza per farci entrare la borsetta all'ultima moda, se non a pugni, ed ecco lì che poi la borsa si graffia. Vi suona familiare? Vi è mai capitata una roba del genere? Scommetto di sì.
E poi le porte blindate come negli aeroporti che suonano per un nonnulla, talvolta sono pure girevoli, ci entri dentro come nei film di Star Trek, attendi che si chiuda la porta scorrevole trasparente e passin passetto cerchi di portarti dall'altra parte, ma puntualmente ci rimani intrappolato come un pesce esotico perché l'allarme comincia inesorabilmente a suonare e si ode la voce flautata di una romiballe di robot la quale ci fa notare che stiamo ancora portando oggetti di metallo, magari infilati nelle pieghe inguinali o sederali, aggiungo io a mente... E chi allora non ha mai rivolto uno sguardo affranto all'omino nella gabbiola interna che secondo me prova un gusto sadico nel vedere quelle scene ogni 2 minuti??
"Non c'ho nient'altro di metallo addosso" ci ritroviamo sempre a dire lamentosamete, come per dire " sono pulito, capo, non ho una pistola nascosta tra le chiappe".
Ed ecco che l'omino con sottile sadismo ritorce:
"Mò la faccio uscì, ma deve mette tutti gli oggetti metallici nella cassetta".
E allora, cominciamo una imbarazzante auto-palpazione da capo a piedi (incluse le parti intime), sotto lo sguardo vigile dell'omino nella gabbiola, ma niente. Non sarà allora l'otturazione in piombo che il dentista mi ha fatto 20 anni fa? oppure gli occhiali? Sì, gli occhiali hanno la montatura in metallo, ma minchia, se me li tolgo non ci vedo da qui a lì.
Nel frattempo arrivano altre persone che tranquillamente entrano e passano nella porta magica senza che suonino gli allarmi di Alcatraz. A questo punto ci cominciamo ad innervosire, entriamo di nuovo, con decisione, di nuovo il nefasto beep che suona e alla fine sbottiamo:
"Gliel'ho detto, non c'ho niente di metallo, se non gli occhiali, la fibbia della cinta, il ferretto del reggiseno (ma è possibile che bisogna urlare tutti questi dettagli intimi per entrare in una dannatissima banca italiana, cribbiooooo!), la vite che c'ho nel ginocchio da quando avevo 21 anni e un'otturazione in piombo".
L'odiato omino allora ci fa la grazia e ci apre la porta come se ci stasse davvero aprendo le porte del Regina Coeli. Entriamo e ci troviamo almeno 10 paia d'occhi addosso perché ovviamente tutti hanno sentito quello che urlavamo, e allora con occhi bassi prendiamo il numerino e ci mettiamo in fila, fumanti, guardando con odio gli altri e notando che almeno la metà di quelli che stano lì hanno gli occhiali in metallo, una buona parte sono donne, alcune anche tettone, e di sicuro avranno il reggiseno rinforzato con il ferretto, ma nooooo, a questi non è suonato il campanello quando sono entrati, quanto ci scommettiamo? Secondo me allora è l'omino nella gabbiola che fa gli scherzetti, ci posso giurare!

E finalmente arriva l'agognato momento, arriva il nostro turno. Ci troviamo davanti il classico impiegato di banca che prima prende i soldi che vogliamo depositare e poi si alza e sparisce per almeno 20 minuti. Dove andrà non l'ho mai capito, ma mi è capitato numerose volte. E allora mi chiedo: "perché sempre a me?". E aspettiamo, aspettiamo, dopotutto sono i nostri soldi che si sono inguattati, mica vogliamo andare via senza avere l'estratto conto che ci mostra che i soldi sono finalmente nel nostro conto, no?
Dopo un bel po' di tempo, ecco che l'impiegato ritorna, con caaaaaaalmaaaaaa, senza dire una parola o scusarsi per averci fatto attendere, e con un vago sentore di caffé che gli aleggia intorno... Certo, certo, doveva prendersi il caffé.

E poi, apoteosi, con UN DITO comincia a battere sulla tastiera del computer, cercando ogni volta la lettera che deve battere... ma è mai possibile che questi non sappiano di avere altre 9 dita disponibili e che esistono corsi di dattilografia? Ogni tanto grugniscono qualcosa, soprattutto quando non riescono a trovare la Q o la Z.
Insomma, con una lentezza incredibile ci fanno questo benedetto deposito, MAI molto loquaci, anzi....se li ringraziamo, ci grugniscono qualcosa che non pare neanche un "prego".

Così, prendiamo la nostra ricevuta e usciamo dalla banca attraverso la porta di Star Trek, totalmente ignorati dall'omino nella gabbiola, perché ha già avuto la sua piccola soddisfazione con noi, ora non gli interessiamo più, aspetta la prossima vittima da sputtanare pubblicamente.


In America...... in America, invece le banche hanno spesso le porte spalancate, oppure si aprono come qualsiasi porta di un qualunque negozio. Niente porte blindate, niente guardie armate fino ai denti, anzi, non appena si entra, fateci caso semmai vi capiterà di entrare in una banca americana, in un angolo oppure nel bel mezzo della banca troneggia un bel tavolino con un thermos di caffé e qualche biscottino. La prima volta che ho visto una cosa del genere, ho guardato il tavolino come una bambina povera che non vedeva un biscotto da 2 mesi, infatti un'impiegata mi ha detto: "you are more than welcome to take one, you know?". Le ho sorriso come una scema scuotendo la testa. La banca attaccata all'agenzia dove lavoro ha addirittura un camino con un comodo divano dove mi hanno invitata a sedermi anche per leggere un libro se voglio (non ho neanche il conto lì!) ed un enorme orsacchiotto vicino all'entrata. Più friendly di così, non si può, nevvero?

E poi spesso ci sono televisori alle pareti che trasmettono i telegiornali con i sottotitoli, così nella (breve) attesa, ci si può aggiornare sulle ultime notizie. Ed infine l'impiegato o l'impiegata sono molto ciarlieri, allegri (certo, gli stiamo dando dei soldi), parlano del tempo, delle vacanze, ma che bel vestito che ha, di dov'è con questo bell'accento straniero? italiana! oh, mia nonna era italiana, come cucinava bene le lasagne alla bolognese, non sono mai stata in Italia, ma mi piacerebbe andaci un giorno, ecco qui la sua ricevuta, le auguro buona giornata, buon week-end e torni presto a trovarci!

Però! non mi hanno trattata come una ladra, ma come una persona! mi piace la cosa.

Una volta ho letto che in America la cosa strana delle banche è che hanno le porte sempre spalancate e mai blindate, ma ci avete fatto caso che hanno le penne SEMPRE attaccate ad una catenella metallica, per non farsele fregare? Ci ho fatto caso io, è verissimo, ma preferisco la catenella attaccata alla porta di Star Trek, 1000 volte di più!!!!

No ice, please!


In Italia quando ordiniamo una bibita al ristorante, in pizzeria, o in un fast food ci viene servita bella fredda e rinfrescante, a meno che non si richieda specificamente non di frigo e allora te la portano dal magazzino.

In America..... in America è tutta un'altra storia. Ovunque, e ripeto, ovunque, la bibita ti viene servita con dei bei cuboni di ghiaccio, a volte c'è letteralmente più ghiaccio che bibita e durante le giornate più calde ti devi pure sbrigare a berla altrimenti sciogliendosi, il ghiaccio rende la bevanda annacquata. Non so come facciano a bere ogni cosa già di per sé fredda di frigo ed in più con il ghiaccio, ma non gli fanno male i denti, dico io? E poi ricordate quante volte le nostre mamme ci hanno detto di non bere le bevande troppo fredde soprattutto in estate altrimenti ci prendeva minimo minimo un colpo?

Dopo le prime volte che mi hanno rifilato la bevanda strabordante di ghiaccio, ho imparato a specificare "no ice, please". La maggior parte delle volte me la portano senza ghiaccio, ma spesso è così forte la loro abitudine, che pure con la richiesta, me la portano lo stesso con il ghiaccio e allora gliela rimando indietro dicendo "No, I said NO ice" ed in una profusione di scuse mi portano la mia bella bevanda fredda ma senza ghiaccio, con mio marito che lancia il commento "damn Europeans"....hehehe come se fossimo noi europei gli strambi della situazione.

Però, guardando la cosa sotto il punto di vista americano, anche loro, gli americani, quando vengono in Europa si trovano in una situazione simile, ma opposta: il ghiaccio automaticamente nel bicchiere diventa una cosa impossibile e se chiedono una bevanda col ghicccio gliela portano con uno striminzito cubettino che sarà rimasto in freezer per almeno 10 anni prima di venire tuffato in un bicchiere.

Morale della storia: paese che vai, usanze che trovi, prima di tutto. E poi, ricordarsi di specificare "no, ice please!"

Pasta Alfredo


Qui lo dico e qui lo ripeto e pure a viva voce: LA PASTA ALFREDO IN ITALIA NON ESISTE!!!!

Ogni italiano negli States prima o poi verrà a contatto almeno una volta con questo piatto che viene biecamente spacciato per "Italian specialty", ma che non italiano non lo è, ASSOLUTAMENTE.

Per la cronaca, la pasta Alfredo è una pasta condita con una salsa preparata con panna e formaggio (Cheddar, Jack o simili) che viene fatto lentamente sciogliere nella panna, finché questa non si addensa. Spesso ci vengono aggiunti gamberetti o pezzetti di pollo e verdure, rendendo il piatto esponenzialmente più ricco e calorico. Lo ammetto, l'ho assaggiata pure io questo tipo di pasta e francamente non è male, anche se è una botta al fegato ed un rotolino immediato in più intorno ai fianchi, ma come convincere gli americani che questa pasta non esiste in Italia?

La prima volta che sono venuta negli States stavo con dei miei amici americani e tutti che mi chiedevano:

"Ti piace la pasta Alfredo?"

E io : "pasta CHI????"

"La pasta Alfredo, è un piatto tipico italiano"

" No, guardate che questa pasta Alfredo non esiste in Italia, non so chi sia questo Alfredo, cosa ci mettete dentro a proposito?"

Loro mi hanno spiegato ed in seguito l'ho pure assaggiata, tanto per togliermi la curiosità e da quel momento dagli a cercare di convincere gli americani che:

1) La pasta Alfredo NON è un piatto tipico italiano. Può somigliare vagamente alla pasta al burro e formaggio, ma qui c'è la panna e un sacco di formaggio (non parmigiano, ma altri formaggi manco italiani), più aggiunte varie, come broccoli, gamberetti o pollo.

2) Se vanno in Italia e chiedono questo piatto in QUALSIASI ristorante da Canicattì fino a Bressanone, nessuno e ripeto, nessuno saprà che diavolo è questo piatto.

3) E' inutile impuntarsi o continuare a credere al punto 1 e 2 come si crede alla Madonna.


Non c'è niente da fare, è una battaglia contro i mulini a vento, non li convinci neanche morta. Crederebbero più facilmente che so, che il Papa è una donna sotto mentite spoglie, ma non a questo....

Thursday, June 19, 2008

Rootbeer


Nonostante il nome, non è una birra, ma una bevanda analcolica molto popolare negli USA.
Francamente non capisco come fanno gli americani a mandarla giù e ad amarla, perché ha un gusto di sciroppo per la tosse, tipo il Bronchenolo che da bambini ci obbligavano a bere nonostante le lacrime, i pianti e le suppliche.
Ho avuto la sfortuna di berla una delle prime volte che sono stata negli States e mi sono fermata al primo sorso, davvero mi sembrava di bere un medicinale gassato, il gusto fa veramente cagare (pardon my French).

Fanno pure il root beer float che è un intruglio abominevole che si ottiene mettendo del gelato alla vaniglia o alla stracciatella in un bicchierone e poi versandoci sopra la root beer che comincia tutta a frizzare e a sciogliere il gelato che diventa così un beverone per me imbevibile, ma che agli indigeni di questo paese piace da morire. Mah.... de gustibus....

Mi sono andata a vedere giusto per curiosità chi diamine ha potuto inventare questa diavoleria ed ecco cosa ho trovato:

Un farmacista di nome Charles Elmer Hires inventò questa bevanda analcolica quasi centoquaranta anni fa.Hires nacque in Pennsylvania il 19 agosto 1851. Durante la gioventù lavorò in una farmacia vicino a casa sua come commesso. All'età di sedici anni si trasferì a Philadelphia e divenne apprendista in una farmacia. La sera frequentava le lezioni all'Università di Farmacia. Lavorò duramente e risparmiò il suo denaro finché ebbe 400$. Con questi risparmi aprì la sua farmacia. Nel 1872 fece l'esame di stato e divenne ufficialmente farmacista.La sua scoperta della root beer iniziò in luna di miele. Nell'albergo dove alloggiava gli fu servita una tisana fatta di bacche, erbe, e radici. Riuscì ad avere la ricetta e la vendette nella sua farmacia. Continuò a rifinire la ricetta finché produsse la prima root beer il 16 maggio 1866. Portò la sua scoperta all'Esposizione centennale nel 1876 dove fu largamente ben accolta. Entro il 1893 commercializzava la sua bevanda analcolica in tutto il paese.


Insomma questo deficiente cosa ha fatto in viaggio di nozze? invece di trombare e bere birra, vino o champagne, si beveva le tisane....li mortacci sua!


Che domenica bestialeeeee



Una domenica mattina ero andata a passeggiare sulla spiaggia con Tony (il mio cane) e c'era una nebbia fittissima (tipo Nebbie di Avalon per intenderci). Di norma è obbligatorio portare i cani al guinzaglio mentre si è sulla spiaggia, ma dato che non c'era anima viva (erano le 8 di mattina) e con la nebbia non si vedeva ad un palmo di naso ho pensato bene di sguinzagliare Tony per un po', tanto per farlo contento. Ahò, come per magia, dopo manco 2 minuti PUFF! ecco che ti spunta dal nulla la macchina di un cop della guardia costiera che mi dice burbero "guardi che è vietato lasciare i cani senza guinzaglio in spiaggia, le dovrei fare la multa di 50$"...GULP.... "I'm sorry I didn't know that" (in realtà lo sapevo ma ho fatto la gnorri). E quello mi sa che ha capito dal mio accento che non ero una del loco e non mi ha fatto la multa e come era arrivato così se n'è andato.... "Ahò Tony, viè un po' qua che te rimetto er guinzajo".... Ahò qua i cops mica scherzano eh?

Solvang: un angolo di Danimarca... in California!



Solvang e' uno dei luoghi che preferisco qui in California centrale. E' un piccolo paesino fondato da un gruppo di coloni danesi all'inizio del XX secolo, a circa 1 ora di macchina da Grover Beach. Si capisce di essere vicini a Solvang non appena si intravede un mulino a vento una volta usciti dalla Highway 101 nei pressi di Buellton. Proseguendo oltre Buellton, si arriva in questo "angolo di Danimarca-Olanda": case bianche con profili in legno scuro, viali alberati, mulini a vento e negozietti che sembrano usciti dalle favole di Andersen, dai nomi cosi' "danesi" come il "Royal Copenhagen Shop" o il "King Frederik's Inn" o il "Kronoborg Inn". Inoltre si possono gustare anche i tipici Aebleskivers, specialita' danese, in pratica una specie di piccoli pancakes concavi che vengono serviti con della marmellata di fragole e una spolveratina di zucchero a velo. Buoooni!

Il periodo migliore per visitare Solvang oltre è la primavera, l'autunno e sotto Natale. Da evitare possibilmente l'estate per via delle alte temperature, ma non sempre fa caldissimo.


Uno dei siti ufficiali di Solvang è questo:

Lo Stupidario del Viaggiatore 5

Altri aneddoti americani.
Una cliente prenota un soggiorno a Venezia e poi mi chiede:
"E' possibile fare delle immersioni nei canali a Venezia?"
Aggrotto la fronte, non proprio sicura di aver capito bene... o forse temo di averlo capito, infatti mi passano davanti alcune immagini di questa qui affettata da qualche imbarcazione o peggio in preda ad eruzioni causate dalle acque non proprio limpide dei canali veneziani. Invece di risponderle con una battutina acida, mi contengo e le dico che no, non si possono fare immersioni nei canali veneziani.

Sempre qui negli USA:
Squilla il telefono. Lily: " Grazie per aver chiamato XYZ, come La posso aiutare?"
Una donna mi chiede: "Vorrei sapere quanto costa andare in Messico in crociera".
Lily: "Beh, dipende da quanti giorni vuole stare in crociera, da che cabina vuole prenotare, ma se vuole avere giusto un'idea, consideri su per giù 100 dollari per persona al giorno, più le tasse."
La donna: "okay, ma io voglio vedere le piramidi".
Lily: "In quel caso si possono prendere in considerazione le crociere nei Caraibi che fanno scalo anche sulla penisola dello Yucatan da dove si può fare un'escursione per vedere le piramidi"
La donna: " No, io voglio andare a Città del Messico a vedere le piramidi!"
...3 secondi di silenzio per incassare il colpo...
Lily: " Signora, guardi che non c'è nessuna crociera che va a Città del Messico, perché la città è al centro del paese, nell'entroterra, per cui non è tecnicamente o fisicamente possibile. Può allora considerare un tour via terra, ce ne sono di belli che partono da Città del Messico e toccano i vari siti archeologici..."
La donna: " E quanto costa un tour del genere? Perché io voglio vedere le piramidi"
(ok, Signo', ho capito che vuole vede' le piramidi, cribbiooooo!!!!!!)
Lily: "Un tour guidato di 9 giorni costa circa 1,800 dollari per persona"
La donna: "Sì, ma vorrei proprio andare in crociera..."
(sighhhhh....sembra la storia del cane che si morde la coda....non se ne viene a capo)
Lily: "Allora vada in crociera nei Caraibi come le consigliavo. Così farà la crociera e vedrà pure le piramidi"
La donna: "No, io voglio andare a Città del Messico con la crociera...ed in ogni caso, costa troppo"
CLICK
Il mio mantra in questi casi è "I love my job, I love my job..... I LOVE my job"...

Lo Stupidario del Viaggiatore 4

Un giorno arriva questo tizio, tipico americano, sulla cinquantina, che non ha mai messo il naso fuori dal continente. Mi dice:
"A settembre compio gli anni, voglio fare il giro del mondo".
Gli chiedo dove vuole andare e mi dice: "da Los Angeles ad Anchorage (Alaska). Poi non è che c'è un volo DIRETTO fino a Pechino?"
(aaaaah, cominciamo bene, penso io)
"No, non c'è, deve cambiare almeno un paio di volte " gli dico.
E vabbe' abbozza.
Poi gli dico "lo sa che ci vuole il visto per entrare in Cina?"
Quello strabuzza gli occhi e dice "no, perche', non posso andare dove mi pare? Voglio andare a vedere THE WALL" (come per dire, vado a Berlino a vedere il muro... solo che la muraglia non e' in centro a Pechino, è a circa 70 CHILOMETRI dalla città).
"No, non può, deve avere un visto prima di entrare in Cina, è un paese comunista, la controllano, una volta entrato le prendono il passaporto, deve avere un tour o un hotel prenotati, soldi sufficienti ed un biglietto aereo di uscita".
E quello dice: "ma io voglio dormire negli OSTELLI DELLA GIOVENTU'" (...a 50 anni, ostello della gioventu'?)
"Per quello non la posso aiutare, non trattiamo con gli ostelli" e gli ripeto la storia del visto.
"Poi dove vuole andare?"
"A Dubai"
"E poi?"
"In Africa, in un posto dove non odiano gli americani e dove è sicuro" ('na parola, ormai gli americani stanno un po' sulle palle a molti...)
"Che ne dice del Sud Africa?"
"No, in Egitto"
(bravo, lì ADORANO gli americani!)
"Sempre negli ostelli della Gioventù?"
"Sì"
(e già ho immagini allucinanti su questo poveraccio finito in qualche labirintico souk egiziano).
"Non glielo raccomando, ma faccia come vuole, io le posso prenotare solo i voli e poi lei fa come le pare. Poi dove vuole andare?"
"All'EQUATORE" (proprio cosi' mi dice!!! manco fosse un posto reale)
"Dove di preciso?"
"Che so, Lima.. e poi voglio vedere le Galapagos"
(Lima sta mooolto sotto l'equatore, le Galapagos.... da tutt'altra parte)
"Allora è meglio volare su Quito, in Ecuador (forse l'assonanza del nome con Equatore gli schiarirà le idee... nulla, si sentono i grilli frinire...) e poi da lì prendere un volo per le Galapagos"
"Volo? Non posso prendere un traghetto?"
(TRAGHETTO DA QUITO ALLE GALAPAGOS???? Quito è nell'entroterra e comunque dalla costa ecuadoregna alle Galapagos sono circa 1200 CHILOMETRI, all'anima del traghetto, manco il Kon Tiki ci è arrivato quasi quasi! andiamo bene. Continuo a dare corda al deficiente, lottando tra il nervoso, l'impulso di strozzarlo e scoppiare a ridergli in faccia).
Gli spiego che la cosa è tecnicamente impossibile da fare da Quito.
Allora mi fa (preparatevi, è l'apoteosi del delirio):
"Allora posso prendere UN TRENO da QUITO a LOS ANGELES?"
Mi sono spuntati 7 capelli bianchi quando ho sentito l'ennesima cavolata, alché mi alzo, prendo l'atlante e gli mostro che praticamente deve attraversare il centro America e circa 7 stati diversi...
"Non si può proprio fare eh? neanche in un paio di giorni?"
Gli chiudo l'atlante in faccia e gli dico ironica:
"No, neanche in un paio di giorni. Ora le do qualche catalogo, se li legga bene, le consiglio di comprarsi qualche guida della Lonely Planter, butti giù un itinerario e poi torni da me".
"Sì ma quanto mi potrebbe costare una cosa del genere?"
"Solo i voli...$ 5000 e mi sto tenendo bassa, consideri che è un giro del mondo quello che vuole fare"
"Così tanto! volevo rimanere sotto i 3700 inclusi gli ostelli, il mangiare e tutto il resto".
(cribbio, qualche santo mi avrà trattenuta alla sedia, perché c'era da sbatacchiare il soggettone squattrinato)
"No assolutamente no, se lo scordi, incluso tutto deve guardare ad una cifra di minimo 10.000 dollari, mi dispiace, non posso aiutarla"
Insomma questo imperterrito ha detto che ritorna tra qualche giorno con un itinerario diverso....mi parlava che vuole andare su delle isole dove fa caldo e che vuole vedere le northern lights e Stonehenge, dell'Eurotunnel..... aiutoooooooo datemi una camicia di forzaaaaaa.... o anche una doppietta da tenere nel cassetto per quando ritorna lo scemooooo!

Lo Stupidario del Viaggiatore 3

Una delle più recenti (capitata qui negli Stati Uniti):
Cliente: "Vorrei andare in Europa con mia moglie e mia figlia di 7 anni l'anno prossimo, per circa 10 giorni"
Lily: "Benissimo, ha già in mente un itinerario? Che paesi vorrebbe visitare?"
Cliente: "Voremmo arrivare a Londra, poi andare a Parigi, noleggiare una macchina e guidare fino alla Foresta Nera, poi andare anche a Vienna e ripartire da Amsterdam".
Lily strabuzza gli occhi: "In 10 giorni visitare 5 paesi????"
Cliente risponde senza battere ciglio: "Sì, perché? non si può fare?"
SIGH (gran sospiro) di Lily:
"Allora..." (30 minuti di lezione di geografia fatta al cliente che credeva che l'Europa e' grande come la California....).

Signora distinta che ha prenotato una crociera nel Mediterraneo da Barcellona a Venezia:
Signora chiede: "Una volta a Venezia, vorremmo fare una gita di un giorno a Parigi. Cosa ci può organizzare?"
Lily: "Guardi che è una follia" (e via a spiegare per 10 minuti il perché).
Cliente: "Allora potremmo fare la gita di un giorno a Parigi quando la nave si ferma a Montecarlo".
Lily: "Ancora peggio, signora, avrebbe ancora meno tempo perché la nave é in porto a Montecarlo per 8 ore e se arriva in ritardo, la nave parte senza di lei."
Cliente: "Quindi non possiamo andare a Parigi per un giorno".
Lily: "Se proprio vuole andare a Parigi, ha pensato di fare una crociera del Nord Europa? Ferma anche a Calais e puo' andare a vedere Parigi".
Cliente: "No, io voglio andare nel Mediterraneo".
Lily: "Allora dimentichi Parigi".

Lo Stupidario del Viaggiatore 2

I prossimi 2 aneddoti sono i miei preferiti, capitati, ahimé proprio a me.

Post 11 settembre: una signora mi dice che vorrebbe fare una crociera Costa nel Mediterraneo: "Ma non dove sta Bin Laden eh?"
Liliana: "Guardi che l'Afganistan non ha sbocco al mare e non è neanche sul Mediterraneo..."
Cliente: "Aaah vabbe', no perché io nun ce voglio anna' dove sta' Bin Laden!"
Liliana: "Ma signora mia, ma le pare che la mando in crociera da Bin Laden??!?".... SIGH.....

Immaginare un tizio del genere: uomo tarchiato sulla quarantina, capelli radi neri, gelatinati, panzetta, camicia semi-sbottonata, entra in agenzia con fare da bullo saputello (tipo uno dei personaggi di Carlo Verdone, tanto per intenderci). Si appoggia al bancone, una mano sul fianco e mi fa:
"Senta, io vorrei famme un giro in macchina in America st'estate. Volevo sape' se basta la patente".
Gli comincio a dire che è necessario ottenere la patente internazionale che altro non è se non la traduzione in inglese della patente italiana, in caso si venga fermati dalla polizia che non capisce l'italiano...
"Nooo, nooo, ch'hai capito!" mi interrompe scocciato come se fossi una stupida (passando pure dal Lei al tu).
"Voglio sape' se basta la patente come documento pe anda' in America!".
Faccio un gran sospiro e gli dico scandendo bene le parole come se parlassi ad un bambino scemo: "Allora.......guardi che la patente non è considerata documento di riconoscimento neanche in Italia. Per gli Stati Uniti serve il passaporto. Per noleggiare una macchina serve anche una carta di credito. Ce li ha?"
Risposta: "No, qundi nun se po' fa'... ".Se ne va così come era entrato. Lasciandomi basita....

Signora avanti con gli anni chiedendomi un biglietto del treno: "Vorrei l'INTEL-SITI per..." (Intel-Siti= Intercity)

Altra signora che non mastica l'inglese e che magari guarda Star Trek invece che Beautiful: "Vorrei un biglietto per l'Enterprise " (Enterprise= Eurostar)
In mente mia commento: "Va a trovare Mr. Spock?".

Signora che non mastica l'inglese, ma che in gioventù sarà stata una figlia dei fiori:
"C'ho la carta Frequent FLOWER" (frequent flower= frequent flyer)

LAST MINUTE (Spronuncie varie):
Lest Minit
Last Minit
Last Minuit
Lasht Minutt (tipo Martufello).

Giovanotto che vuole andare in Spagna: "Vorrei andare a Màdrid" (notare: proprio con l'accento sulla A).
E via a dargli informazioni su Madrìd (bado bene a mettere casualmente in evidenza l'accento sulla I), bla bla bla...Madrid (con l'accento sulla I), bla bla bla...Madrid (con l'accento sulla I).
"Ci vuole solo la carta d'identità per anda' a Màdrid, vero?" (aridaje con l'accento sulla A. Evidentemente o e' recidivo o non ha ascoltato niente di quello che gli dicevo su Madrid.... con l'accento sulla I)
Risposta sconsolata:"Ssssssi'".

Lo Stupidario del Viaggiatore 1

Sono ormai 11 anni che lavoro come agente di viaggi (prima in Italia ed ora negli Stati Uniti). Amo il mio lavoro, perché ogni giorno è diverso dall'altro, si impara sempre qualcosa di nuovo e si ha la possibilità di incontrare e parlare con un sacco di gente diversa. Io mi diverto a dire che mando la gente "a quel paese", nel senso che li mando nel paese che vogliono visitare, ma in alcuni casi di clienti rognosi, mentalmente ce li mando davvero a quel paese!
E' proprio incontrando tanta gente che mi è capitato di sentire richieste bizzarre, lamentele senza senso e affermazioni ridicole, tant'è che ho cominciato a raccoglierle in un piccolo notes che ho chiamato "Lo Stupidario del Viaggiatore: Piccole Perle di Stupidità". Sono una serie di aneddoti esilaranti che io o la mia collega abbiamo avuto il piacere (a volte direi la disavventura) di sentire con le nostre orecchie. Ecco quelli che ho raccolto fino ad ora:

Cliente: "Vorrei fare una crociera in Egitto"
Mostrati i cataloghi con i vari programmi per le crociere sul Nilo, il cliente interrompe scocciato.
Cliente: "No, no, che ha capito! Non c'è una crociera che parte da Civitavecchia fino in Egitto?"
Risposta: "Le navi da crociera non c'entrano nel Nilo".

Cliente domanda: "Si può fare una crociera Costa da Civitavecchia che fa il giro della Sardegna?"
Risposta: "No".

Cliente domanda: "Che c'è una crociera da Civitavecchia fino a Sharm el Sheikh? "
Risposta: "No, la nave non ci passa per lo stretto di Suez" (francamente non so se sia vero, ma era l'unica risposta che si poteva dare).

Signora che vuole andare in vacanza, ma è un po' prevenuta:
"Che ne dice Signora della Tunisia, ci sono un sacco di offerte speciali e i prezzi sono buoni".
"No, la Tunisia no, è piena di extra-comunitari"
Risposta: "Guardi che in Tunisia gli extra comunitari siamo NOI".

Una signora attempata di ritorno da una vacanza in Calabria mi aggredisce a parole:
"A signorì, Lei mica m'ha detto che l'acqua [del mare] era subito alta all'hotel dove m'ha mandato! Io nun so' nuotà!"
Rispondo: "Ma non possiamo mica sapere quanto è alta l'acqua di fronte ad ogni hotel sul mare in Italia, e poi non mi aveva mai detto che non sapeva nuotare. Ma a parte questo, come è stata la sua vacanza?"
La Signora: "bella, bella. Però l'acqua era subito alta". SIGHHHH.....

Un cliente di ritorno da Sharm el Sheikh: "Ahò il mangiare a Sharm fa schifo! La pizza era un materasso e la pasta era sempre scotta, nun la sanno proprio fa' in Egitto..."No comment.....